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Marenostrum, Migrare umanum est

Marenostrum, Senza categoria 15 Giugno 2015

di Davide Fabbri

Alcune osservazioni sul fenomeno “migranti”.

Primo punto. È bastato che la Germania interrompesse per qualche giorno il protocollo di Schengen per scoprire qualche inconfessata realtà. Le situazioni da girone dantesco nella stazione Termini a Roma e in quella Centrale di Milano hanno reso manifesto ciò che si sapeva. I migranti vivono l’Italia come paese di transito verso altri lidi, specie verso il nord europeo. Le mete dei migranti sono infatti uno dei parametri più utili per saggiare lo stato di salute delle varie economie. Chi migra cerca soprattutto un lavoro e il luogo che meglio glielo può assicurare. Questo può anche spiegare la scarsa attenzione italiana alla definizione di modalità e servizi utili al raggiungimento di una vera integrazione dei migranti. A noi basta e avanza la prima accoglienza emergenziale, in genere arruffona e arraffona. Oltretutto la presenza del Vaticano rende l’Italia inesorabilmente più sensibile alle pratiche d’accoglienza purchessia, a differenza di paesi più cattolici di noi, come Spagna e Malta. Un buonismo di necessità insomma.

Secondo punto. La via di mare delle migrazioni si presta alla spettacolarizzazione di sé stessa e delle tragedie incombenti che si porta appresso, per la gioia di media scoptofilici e di politicanti in cerca di ribalta. L’esodo ben più massiccio via terra resta in ombra, perché meno drammatico, meno televisivo, in sostanza più discreto e di per sé più autoregolato dal punto di vista distributivo.  Si può ben denunciare la miopia europea nell’aiutare l’Italia, primo bagnasciuga sognato dalla disperazione migrante, ma diventano più comprensibili i distinguo o le vere e proprie resistenze se contiamo davvero tutte le persone che arrivano a una qualche destinazione.

Terzo punto. Le migrazioni sono un affare e le utilities sono i denari, tanti, che questo commercio umano smuovono, denari utili per ogni causa, per ogni profumo, per ogni olezzo. E poi le utilities politiche che sanno di spregiudicatezza e di ricatto: interne per qualche sindaco in più, esterne per desiderate legittimazioni politiche. La fazione islamista libica di Tripoli promette pugno duro e collaborazione per bloccare da par suo il flusso migratorio dalle sue coste. Pretende però il suo riconoscimento internazionale, l’assegnazione, anche formale, della sua parte di terra petrolifera. Non è una gran scoperta, ma se il mare è di tutti, esso è sempre stato e sempre sarà il tramite tra due terre e le terre si vogliono possedere.

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